Galleria "Happening"(Torre Annunziata)

1975Mario Guaraldi

 

Per poter gustare completamente la pittura di Gennaro Corbi non bisogna cedere alla tentazione di descriverne l'apparente valore esoterico. Occorre,invece respingere ogni smania interpretativa e volgersi soltanto alla forma, al colore, ai rapporti tonali, all'equilibrio delle composizioni.

La ricerca di un qualsivoglia messaggio -tra l'altro diverso, secondo il grado di sensibilità, di cultura, di preparazione specifica dei vari fruitori – è un fatto estrinseco alla arte.

La pittura moderna si sente, non si comprende: deve essere ricevuta da canali che non confluiscono nella sfera della ragione.

Gennaro Corbi durante l'atto creativo “ attinge al mondo dei sogni come a un mondo più stabile di quello reale da lui a un certo punto ritenuto effimero e rifiutato”. Libera i fantasmi interiori con l' efficacia del poeta o del musico: raggiunge risultati che non indulgono mai a vuoti intellettualismi.

Ecco il senso più genuino della sua arte: il capovolgimento, cioè, dei valori che nella vita di ogni giorno risultano troppo definiti e rigidi e squadrati.

Perfino ostili,diremmo.

E una sorta di ambiguità istintiva – tale la definisce una persona molto vicina e cara all'artista – un'ansia di esprimere l'indeterminato in tutte le sfaccettature, un risvolto contrapposto, forse, alle leggi dell'esattezza, della precisione, che il Corbi nella sua qualità d'ingegnere è tenuto ad osservare di continuo.

Una ribellione, comunque.

E come in ogni ribellione c'è un fondo di rappresa amarezza, che si scioglie attraverso una poetica dolorosa, ma insieme liberatrice.

Le tele del Corbi irradiano suggestivi misteri. Qualche tenebrosità alla fiamminga negli ambienti rappresentati. Motivi ricorrenti di scale – sghembe, asimmetriche, tese irrimediabilmente verso l'inutilità perché prive di approdi. Cumuli vagamente ossessivi di oggetti e tristissime pensosità di personaggi intravisti tra brume e strutture oniriche. Nudi femminili inutili. Volti tagliati netti, che sembrano spiare nel quadro lasciando il corpo, invisibile, fuori della cornice. E il segno ripetuto di un albero secco a forma di Y, scevro però di qualsiasi simbolismo:inconscio contrassegno di ataviche memorie tramandate per il tramite di geni e di cromosomi.

Se ci è lecito un accostamento con la letteratura diremo che in presenza delle opere del Corbi abbiamo intensamente pensato al mondo interiore di un Kafka. E l'impressione si accentua di fronte agli sconcertanti panneggiamenti – rigidi, scolpiti più che raffigurati sul piano – e agli oggetti che seguono l'andamento dei cristalli: lievissime concessioni a un cubismo dell'anima, più che della tecnica.

Da parte sua l'artista afferma di prediligere le opere di Chagall, di Klimt, e l'amore intenso e puntuale verso siffatti maestri, si ritrova nei suoi quadri, per rapidissimi lampeggiamenti. Non nella grammatica dei suo quadri, s'intende, ben nel senso integrale del loro contesto.

In definitiva, la pittura di Gennaro Corbi riecheggia i sotterranei palpiti di un corale rito magico d'altri tempi, recuperato da antichissimi residui ancora attivi e fecondi nelle pieghe del la sua coscienza di artista.

Un canto ancestrale, spremuto da tubetti di colore, spalmato con sapienza e sensibilità al tocco dei pennelli, affinato al punto di sollecitare la commozione degli osservatori informati


Galleria "Happening"(Torre Annunziata)

1976Ercole Malasomma

 

Accostandosi alla pittura di Gennaro Corbi, si avverte subito la sensazione di trovarsi coinvolti in una strana forma di delirio che affiora impercettibilmente prima, e poi ti invade attraverso una più approfondita analisi, calandosi nella dura realtà della vita.

Ogni tela presenta problematiche diverse e, tuttavia, tutte hanno un denominatore comune: il sogno vissuto e svelato per immagini.

Il linguaggio di questi momenti pittorici sorge spontaneo, niente è concesso all'immaginazione e alla fantasia: è un linguaggio intimo.

Le immagini del sogno accompagnano sentimenti vissuti precedentemente, talvolta gioiosi, più sovente tristi. E proprio da queste forme di tristezza e di rammarico del passato che il Nostro trova motivo e forza per aprirsi un varco e uno spiraglio nel mondo. In tal modo il sogno riesce a compere la sua funzione che gli è propria: esprimere dei sentimenti e ridare vitalità. Così, leggendo la pittura di Corbi, s'impone la riflessione e, per associazione d'idee, riaffiora, ricostruendola, la storia affettiva dell'artista. Allora è dato pure di comprendere come affiorano sulle tele, creature ed oggetti fantasmatici od insignificanti, reminescenze di un passato più o meno lontano. E' un intero mondo insomma che, comunque sia, rinasce pur sempre in ogni uomo, in un determinato momento della sua vita.

galleria "Tresana" (Napoli)

1977Alfonso Malinconico

 

“ La vita sfuma tutta come un sogno al primo lume dell'alba” dice Calderon de la Barca: e del sogno, aggiungiamo noi, rimangono quei frammenti indistinti che il ricordo sottrae al caos della memoria per affidarli agli umori del sentimento. La vera storia individuale non è cronologia, ma il senso attuale degli eventi pregressi nel momento eccezionale della commozione. E' uno stato di grazia. E' la condizione in cui versa il poeta istintivamente proteso a registrare l'attimo in cui la vita è sfumata “ come un sogno”. Tanti attimi, nel nostro caso, quante sono le tele a cui Corbi riconsegna i reperti della sua mnemoteca perché sollecitino , nella loro tentata proiezione obbiettiva, la partecipazione dell'osservatore: con un'attitudine che nulla concede al discorso esplicativo ma che coinvolge nell'emozione lo stesso materiale pittorico.

L'evento non ha mai un rapporto diretto col fatto; è una situazione, mediata dall'esperienza dell'artista, che finisce per presentarsi nella sua attualità di simbolo.

Le vicende familiari, i ricordi dell'infanzia, riemergono svuotati della loro struttura episodica perché sono ridotti al sentimento che di essi avverte l'artista, condizionato da spinte emotive contingenti

e dal desiderio inconscio di ricostruire un mondo perduto a volte con l'illusione di recuperarne un brandello negli stralci di disegni infantili.

Al cospetto di siffatto procedere a chi guarda non è demandato di leggere il quadro in chiave di chiarezza, ma di integrare l'opera, quasi come in un raptus, a quel sogno che ognuno di noi si porta dentro.